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Quando il successo supera il contratto: la “best seller clause”

Una clausola nata per correggere gli squilibri contrattuali nel mercato musicale e garantire una remunerazione proporzionata al valore generato dalle opere.

1. Introduzione

Nel panorama dell’industria musicale – come in altri settori creativi – accade frequentemente che un’opera assuma un valore commerciale significativo solo in un secondo momento, dopo la sottoscrizione di un contratto. È il caso di una canzone che diventa virale, di un brano che viene utilizzato in una pubblicità, o di un singolo che raggiunge milioni di stream.
In tutti questi casi, se l’autore o l’artista ha firmato un contratto iniziale con compensi modesti, ma l’opera ha poi generato profitti elevati per editori, discografici o piattaforme, sorge una domanda cruciale: è possibile chiedere una revisione economica dell’accordo?
A rispondere è oggi una norma specifica del diritto d’autore, introdotta dal d.lgs. 177/2021 in recepimento della Direttiva Europea 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale. Si tratta della cosiddetta “best seller clause”, disciplinata in Italia all’art. 110-quinquies della Legge 633/1941.

2. Che cos’è la best seller clause

La norma stabilisce che, quando il compenso pattuito in origine si rivela manifestamente inadeguato rispetto ai proventi successivamente generati dall’utilizzazione dell’opera, l’autore o l’artista ha diritto a un compenso aggiuntivo equo e proporzionato.
Questo diritto è applicabile a tutti i contratti in cui si cedono i diritti patrimoniali d’autore, come i contratti editoriali, o i contratti in cui si cedono i cd “diritti connessi”, come i contratti discografici in casting.
La logica è semplice: l’equilibrio contrattuale non può cristallizzarsi all’atto della firma, ma va misurato anche in base al valore effettivo che l’opera assume nel tempo.
Se quell’equilibrio viene meno in modo evidente, perché l’opera ha avuto uno sfruttamento commerciale rilevante e il compenso per il creatore è rimasto irrisorio, allora la legge consente di riequilibrare il rapporto.

3. A chi si applica la norma

La clausola del best seller si applica in favore di autori e compositori, per la parte testuale e/o musicale dell’opera; artisti interpreti o esecutori, in relazione alla loro prestazione registrata; eventuali titolari di diritti connessi, laddove abbiano ceduto i propri diritti a un terzo soggetto.
La norma si colloca nell’ambito del più ampio principio europeo della “remunerazione adeguata e proporzionata”, pensato per tutelare i creatori in situazioni di squilibrio contrattuale, soprattutto nei rapporti asimmetrici con operatori forti del mercato (editori, major, piattaforme digitali).

4. Come si esercita il diritto

L’artista o autore interessato deve innanzitutto presentare una richiesta motivata al soggetto che ha acquisito i diritti (editore, discografico, produttore, ecc.), fornendo elementi concreti per dimostrare la sproporzione tra i proventi incassati e il compenso ricevuto.
Tra i dati utili da produrre, ad esempio, vi sono i rendiconti SIAE o da collecting private; le informazioni sui flussi da streaming o sincronizzazioni; classifiche, certificazioni, playlist; utilizzi commerciali non previsti inizialmente.
In caso di mancata risposta o diniego ingiustificato, l’autore o artista può ricorrere all’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), che è competente a decidere in forma amministrativa e con tempi certi (entro 90 giorni dalla ricezione dell’istanza), anche con riferimento all’ammontare dell’adeguamento richiesto.
È una forma di tutela rapida e accessibile, alternativa alle azioni giudiziarie, introdotta proprio per garantire ai creatori uno strumento effettivo di riequilibrio contrattuale.

5. Obbligo di trasparenza e accesso ai dati

Un elemento fondamentale per l’efficacia della best seller clause è la possibilità, per l’autore o artista, di accedere ai dati economici e ai flussi di utilizzo dell’opera. Proprio per questo, la Direttiva ha introdotto anche un obbligo informativo (art. 110-quater LDA) in capo al cessionario dei diritti: su richiesta del titolare originario, l’editore o produttore è tenuto a fornire dati aggiornati e completi sullo sfruttamento e sui ricavi dell’opera o della prestazione.
L’inadempimento di tale obbligo rafforza ulteriormente la posizione dell’autore nella richiesta di compenso aggiuntivo, oltre a costituire violazione autonoma della normativa vigente.

6. Quando non si applica

Va chiarito che la best seller clause non si applica retroattivamente a contratti conclusi prima del 1° luglio 2022 (data di entrata in vigore della norma), salvo rinegoziazioni successive; non si applica ai soli diritti morali, né ai casi in cui l’autore riceve già compensi proporzionati agli incassi (es. royalty contrattuali in percentuale, se eque); non riguarda i compensi da collecting, che restano soggetti a ripartizione secondo i criteri degli enti preposti.

7. Un cambio di paradigma

La portata della “best seller clause” è culturale prima ancora che giuridica. Con essa, si afferma un principio nuovo: il valore dell’opera si misura nel tempo, e chi la crea deve poter condividere in modo equo i benefici economici che essa genera. Questo rappresenta una svolta importante nel riequilibrio dei rapporti contrattuali nel mercato creativo.
Si tratta di una tutela che richiede consapevolezza, monitoraggio dei flussi, attenzione alle clausole contrattuali e – spesso – il supporto di un legale competente. Non si tratta di un premio né di un risarcimento, ma di un vero e proprio diritto soggettivo, pensato per garantire dignità economica a chi crea.
In conclusione, chi ha firmato un contratto in una fase iniziale della carriera e si ritrova oggi con un’opera di successo che continua a generare valore, può – e deve – interrogarsi sulla correttezza del proprio trattamento economico.
In tal caso, la best seller clause rappresenta una chiave di accesso alla giusta remunerazione. Perché se il successo non era prevedibile, il diritto a una remunerazione proporzionata non solo è giusto: oggi è anche legge.

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