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Introduzione
Con la fine ormai incombente del 2021 e l’inizio di un nuovo anno, cogliamo l’occasione per una riflessione sul cosiddetto Public Domain Day.
Secondo la normativa nazionale sul Diritto d’Autore di cui alla Legge n. 633 del 1941 (e ss. modifiche, in ottemperanza a quanto previsto dalla disciplina europea ed internazionale), i diritti di utilizzazione economica di un’opera durano per tutta la vita del suo autore, e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte. Più precisamente, i termini finali di durata dei diritti di utilizzazione economica decorrono a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui si verifica la morte dell’autore (v. art. 32 LDA).
Ebbene, per l’occasione, è stata istituita una ricorrenza chiamata niente di meno che “Public Domain Day”.
Il manifesto di tale ricorrenza ( https://publicdomainmanifesto.org/manifesto/ ), ispirato agli scritti di James Boyle, co-fondatore del Center for the Study of the Public Domain della Duke University School of Law di Durham, nella Carolina del Nord, è stato realizzato ed adottato dalla rete di COMMUNIA, ossia il punto di riferimento europeo per l’analisi e la discussione, anche politica, delle questioni esistenti ed emergenti riguardanti il pubblico dominio nell’ambiente digitale ed i temi correlati, tra cui le forme alternative di licenza per il materiale creativo (c.d. creative commons), il libero accesso alle pubblicazioni scientifiche ed ai risultati della ricerca, e la gestione delle opere c.d. “orfane”, di autore ignoto.
Va da sé che allo scoccar della mezzanotte di ogni nuovo anno, oltre ai brindisi e fuochi di artificio, accade che una moltitudine di opere diventano di c.d. “pubblico dominio”, e cioè opere che si possono ripubblicare, riadattare, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, riprodurre su ogni supporto, digitalizzare, riutilizzare in maniera più o meno creativa ed altro ancora, senza più obbligo di indennità o di autorizzazione preventiva dell’autore o del suo editore. In altri termini, hanno fine i diritti esclusivi che la Legge attribuisce all’autore di un’opera creativa ed originale, elencati nella LDA agli artt. 12 – 19, e che generalmente sono ceduti ad un editore, al fine della promozione e diffusione dell’opera stessa.
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Opere originali ed opere derivate
Il 2021 è stato senz’altro un anno molto proficuo per la letteratura, dal momento che sono cadute in pubblico dominio, tra le altre, le opere di tre grandi scrittori: Cesare Pavese, George Orwell ed Edgar Lee Masters. Quest’ultimo, ad esempio, nato in Kansas nel 1868, fu stato poeta, scrittore ed avvocato, ed è caro non solo ai curiosi lettori delle opere d’oltre oceano, ma anche agli appassionati ascoltatori del cantautorato italiano.
Tra il 1914 e il 1915, infatti, Lee Masters ha realizzato una raccolta di poesie in forma libera, in cui ognuna risulta essere l’epitaffio di un defunto abitante di un’immaginaria cittadina, chiamata Spoon River. La scrittrice Fernanda Pivano tradusse in italiano tra il 1937 ed il 1941 l’Antologia di Spoon River, pubblicata poi da Einaudi (ndr la versione originale pare fu data a Fernanda Pivano da Cesare Pavese, il quale spinse successivamente l’editore per la pubblicazione), e negli anni ’70 Fabrizio De Andre’ lesse la raccolta e ne trasse ispirazione per scrivere le nove canzoni contenute nell’album “Non all’amore, non al denaro, né al cielo”, ciascuna riprendendo un personaggio descritto nell’Antologia, di tanto in tanto citando qualche parola o locuzione chiave presente nella traduzione italiana delle opere.
In termini di diritto, la traduzione della scrittrice Fernanda Pivano dell’opera di Lee Masters e le opere musicali di De André, elaborate sulla traduzione italiana dell’Antologia di Spoon River, sono opere derivate.
Un’opera originale, citando i requisiti che la dottrina ha individuato sulla base del dettato degli art. 1 e 2 della LDA – è una creazione frutto di lavoro intellettuale che esprime la personalità e l’individualità dell’autore, concretizzatosi con elementi che oggettivamente sono in grado di distinguere l’opera da altre dello stesso genere; un’opera derivata, ex art. 4 LDA, è un’elaborazione di carattere creativo di altra opera, quale la traduzione in altra lingua, la trasformazione da una in altra forma letteraria od artistica, la modificazione ed aggiunta che costituisce un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.
Anche l’autore di un’opera derivata gode degli stessi diritti previsti dalla legge per l’opera. Per comprendere il legame tra opera originale e derivata, bisogna aver riguardo all’art. 18 LDA, che specifica che solo l’autore ha il diritto esclusivo di tradurre l’opera in altra lingua o dialetto, e di modificare, di elaborare e di trasformare, in qualsiasi forma, la sua opera.
Il che implica, ad esempio, che occorrerà l’autorizzazione dell’autore dell’opera originale affinché un altro soggetto realizzi, senza pregiudizio per l’opera originale, un’opera derivata. In caso contrario, potrebbe configurarsi il c.d. “plagio evolutivo”. Le conseguenze del plagio evolutivo le ha chiaramente delineate la Cassazione con una Sentenza abbastanza recente (Cass. Civ. 06/06/2018, n.14635), per cui “costituisce plagio evolutivo la rielaborazione non autorizzata, pur se a sua volta dotata di forma creativa e nuova, di un’opera originale precedente altrui, sicché il titolare dei diritti su quest’ultima ha diritto al risarcimento dei danni derivati dallo sfruttamento dell’opera derivata, così distinguendosi dal mero plagio, vale a dire la pedissequa imitazione o contraffazione dell’opera originale”.
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Le traduzioni delle opere originali
Posto che, come emerso sopra, la traduzione si qualifica come opera derivata, ne consegue che in capo al traduttore sono posti tutti i diritti esclusivi previsti dalla LDA, e che tali diritti esclusivi perdurano fino al termine dei 70 anni dopo la morte del traduttore. Pertanto, quando si guarda alle opere letterarie cadute in pubblico dominio, bisogna prestare attenzione a riferirsi all’originale dell’opera realizzata dall’autore, e non alla sua traduzione, che potrebbe essere ancora protetta dalla LDA.
Nel giugno del 2020, ad esempio, a seguito di decreto di sequestro del Tribunale di Roma, la pagina italiana di Progetto Gutenberg, fondato nel 1971 e che mette a disposizione sul suo sito opere letterarie di tutto il mondo da scaricare in diversi formati, è stata resa inaccessibile in Italia. Ciò è accaduto in quanto delle 831 pubblicazioni in lingua italiana presenti sul sito, pare che 29 fossero traduzioni i cui autori sono deceduti dopo gli anni 50, quindi meno di 70 anni fa, e pertanto i diritti esclusivi di riproduzione, distribuzione e comunicazione, in qualsiasi forma, risultano ancora in capo agli eredi e agli aventi causa dell’autore.
Il tema è stato chiarito anche dall’Avv. Lucia Maggi, Ceo e partner dello Studio 42LawFirm, che, rispetto a quanto successo a Progetto Gutenberg, ha commentato: “se da un punto di vista umano la decisione può sembrare abnorme, alla luce di questa lista è difficilmente contestabile che su alcune delle opere viga ancora il diritto d’autore per il nostro ordinamento”. (https://www.wired.it/internet/web/2020/06/30/progetto-gutenberg-sequestro/?refresh_ce=)
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L’articolata evoluzione dell’istituto negli USA
Negli Stati Uniti la legislazione sulla durata dei termini della tutela del copyright è stata più volte riformata nel corso del XX secolo, e la normativa ha differito così tanto dalla disciplina del diritto d’autore di stampo europeo soprattutto per la non aderenza degli U.S.A. alla Convenzione di Berna – asse portante della disciplina internazionale sul diritto d’autore – fino al 1989. Di conseguenza la durata della tutela del copyright è rimasta per lungo tempo sensibilmente più corta rispetto ai minimi previsti dalla carta convenzionale. Non si trattava soltanto di un mero discorso di termini, ma anche di forma: prima dell’adesione alla Convenzione di Berna, infatti, un’opera negli Stati Uniti non poteva essere considerata protetta ai sensi del copyright se non veniva apposto su essa il celebre avviso di protezione (©, seguito dall’anno e dal nome del detentore dei diritti), pena, la caduta nel pubblico dominio.
La durata della protezione è stata comunque plurime volte allungata nel corso di duecento anni: da un originario termine di quattordici anni, rinnovabile per altri quattordici (Copyright Act 1790), si è passati ad un periodo di ordinari ventotto anni di tutela con possibilità di estensione di altri quattordici (Copyright Act 1831), fino ai ventotto prorogabili per altri ventotto della legge del 1909.
Curiosi sono stati i casi di opere cadute anzitempo nel public domain per impossibilità o dimenticanza della richiesta dell’estensione dei termini per il rinnovo della tutela. Un caso celebre, a riguardo, è rappresentato dal film di Frank Capra “It’s a Wonderful Life” del 1946, i cui diritti non vennero rinnovati nel 1974 a causa di un errore procedurale, rendendo la pellicola anzitempo di pubblico dominio.
La vera svolta concettuale della disciplina statunitense sarebbe però arrivata con il Copyright Act del 1976, il quale già manifestava la volontà del legislatore americano di avvicinarsi alla disciplina di Berna, in virtù di una necessità resa sempre più palese dell’incentivarsi degli scambi dell’industria culturale statunitense con il resto del mondo, Europa in primis. Infatti, la durata della tutela non avrebbe più previsto possibilità di estensioni, venendo invece garantita per tutta la vita dell’autore dell’opera più i cinquant’anni successivi. Il termine è da considerarsi più lungo di venticinque anni nel caso di opere di proprietà di corporation create su commissione (v. Work for hire doctrine, per la quale in caso di lavoro su commissione l’autore dell’opera è considerato il committente).
Infine, con il Sonny Bono Copyright Term Extension Act del 1998 (si, proprio lui, la metà del duo Sonny & Cher che, dopo aver smesso di cantare aveva iniziato un’attività politica e portato avanti la suddetta legge, approvata poco dopo la sua morte) i termini sarebbero stati equiparati a quelli nostrani, fino a settant’anni dalla morte dell’autore, con i venticinque anni aggiuntivi in caso di corporate authorship.
Quindi, allo stato attuale, quali opere sono cadute in pubblico dominio negli U.S.A.?
Per rispondere bisogna prestare attenzione al fatto che la normativa del 1976 è valida soltanto per le opere inedite o per quelle pubblicate dal 1978 in poi; altrimenti, per le pubblicazioni del periodo antecedente, si calcolano i novantacinque anni dalla pubblicazione. Infatti, al 1° gennaio 2021, negli Stati Uniti tutte le opere pubblicate ante-1926 sono ora di pubblico dominio.
Piccola curiosità a latere: in U.S.A. ogni volta che il copyright di Mickey Mouse sta per scadere, le lobby disneyane si muovono per ottenere una postergazione del termine di scadenza della tutela – come successo prima delle riforme del 1976 e del 1998 – pertanto non ci stupirebbe immaginare lavori dietro le quinte del Congresso per un’ulteriore proroga del termine.
Fino ad allora, un brindisi all’anno nuovo ed al prossimo Public Domain Day!
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Avv. Lucia Maggi
Dott. Marco Castelletta
Dott. Giovanni Romano